Relativamente pochi decenni fa si diffondeva a macchia d’olio, fino a diventare imperante, il concetto di oggetto monouso. Questo stesso concetto, all’epoca tanto rivoluzionario quanto poco lungimirante, ha generato la cosiddetta società dell’usa e getta e ha portato con sé tutte le relative criticità di cui solo oggi comprendiamo (forse e in parte) la reale portata.
Ed è così che quella predisposizione un po’ desueta del “questo lo conservo, chissà che non possa tornarmi utile…” si sta riscoprendo quanto mai attuale. Infatti, ancor prima di porsi l’imprescindibile problema dello smaltimento, probabilmente sarebbe interessante affrontare quello del riuso.
Ready-made del concetto di ready-made
Sembra riaffiorarci alla mente quell’idea che tutti conosciamo con il termine dadaista di “Ready-Made” e che la maggior parte delle volte associamo alla figura di Marcel Duchamp. Emblema di questo concetto è proprio Urinoir, il suo orinatoio che, da oggetto decisamente poco cool, si trasforma – grazie ad una “semplice” operazione di decontestualizzazione – in un’opera d’arte. Se a nostra volta operiamo un processo di ready-made rispetto a questo concetto, quindi se lo decliniamo ad altri contesti, ci rendiamo conto di quanto un oggetto al termine del suo primo ciclo d’utilizzo possa in realtà essere usato in altro modo, intraprendendo a tutti gli effetti una seconda vita. A questo punto la questione di come smaltirlo non si pone neppure.
Mezzadro (1957), Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Zanotta
In un mondo già sovrappopolato da oggetti, il tema del “pronto all’uso” potrebbe essere effettivamente se non una risposta, almeno una riflessione. E a questo ci avevano già pensato Achille e Pier Giacomo Castiglioni con alcuni dei loro progetti che appaiono proprio come dei sofisticati esercizi di ready-made. Si pensi, ad esempio, allo sgabello Mezzadro che prende in prestito la sua seduta dalle componenti di un trattore.
Toio (1962), Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Flos
O, allo stesso modo, alla lampada Toio che appare proprio come un collage di pezzi ritrovati. Il corpo luminoso è un fanale di automobile, la base è un grosso trasformatore che fa da contrappeso e i passanti del conduttore elettrico sono gli anelli di una canna da pesca.
D’altronde che bisogno c’è di produrre cose nuove se ne esistono già così tante e se quelle che ci sono possono essere reinventate? Il concetto di nuovo non sempre deve coincidere con quello di “appena creato”, ma talvolta può identificarsi con quello di “appena ri-creato”.
Tavolo Tour (1933), Gae Aulenti, Fontana Arte
Un ragionamento simile si ritrova anche nel più anziano tavolo Tour progettato da Gae Aulenti. Il piano di cristallo si poggia su quattro ruote di bicicletta pivotanti a 360°, sicuramente curiose di farsi un tour della casa. E in effetti il tavolo si sposta facilmente!
111 Navy (2010), Emeco
Progetto nato dalla collaborazione tra Emeco e Coca Cola per dare un contributo alla risoluzione del problema delle bottiglie di PET lasciate in mare. Ogni sedia, infatti, è prodotta utilizzando 111 bottiglie di Coca Cola di scarto, salvandole così dalle acque e dalla questione dello smaltimento, in un’ottica di circolarità dove nulla viene creato ex novo. Inoltre la filosofia del brand americano è quella di dare vita a prodotti che durino per generazioni, quanto di più diverso ci sia rispetto al concetto di usa e getta.
Sedia Favela (1991), Fernando e Humberto Campana, Edra
Il concetto di object trouvé ricorre molto spesso anche nella poetica dei fratelli Campana. Emblematica la nota poltroncina Favela, priva di struttura interna e interamente composta da pezzi di legno di scarto ispirati alle schegge delle cassette della frutta delle baraccopoli brasiliane.
Tappeto Accidental (2008), Tejo Remy
Anche Tejo Remy si è fermato a riflettere su come oggetti da buttare possano essere nella pratica riutilizzati. Nasce così un tappeto fatto dalla composizione di vecchie coperte di lana che, proprio al termine della loro vita, trovano un nuovo scopo. Ogni tappeto risulta ovviamente unico perchè realizzato con il materiale e i colori disponibili in quel momento.
100 Chairs in 100 Days, Martino Gamper
Un progetto di Martino Gamper curato dalla Nilufar Gallery in cui il tema del riuso di sedute o di componenti dismesse si intreccia con la riflessione su inedite combinazioni tra pezzi d’autore e pezzi anonimi. La mescolanza di stili la fa da padrone in un progetto che non pone limiti alla creatività.
Tavolo Melting Pot, Dirk Van Der Kooij
Un altro esempio di “collage” di oggetti di scarto, stavolta in plastica, sono i Melting Pot tables di Dirk Van Der Kooij. Vasi, mobili, sedie, cd recuperati dalla discarica vengono assemblati attraverso un processo di fusione lenta fino a diventare dei solidi tavoli multicolor.
Ecobirdy (2016)
Design circolare per Ecobirdy: la plastica recuperata dai vecchi giocattoli dismessi prende nuova vita in una collezione di arredi che hanno come target sempre i bambini. Tavolini, sedioline e lampade colorate e sorridenti.
TranSglass (1997), Artecnica
Un altro caso interessante progettato da Emma Woffenden e Tord Boontje: oggetti in vetro – vasi, bicchieri, bottiglie, porta candela – che nascono a loro volta da oggetti in vetro. Alle bottiglie di vino dei ristoranti, opportunamente sezionate e lavorate da artigiani del Guatemala, viene restituita una nuova forma. “Nulla si crea e nulla si distrugge: tutto si trasforma” avrebbe detto Lavoisier.
Trashformers (2019), Savvas Laz
Il designer greco Savvas Laz si è chiesto che fine facesse tutto il polistirolo che caratterizza gli imballaggi dei prodotti – spesso anche molto ingombranti – che acquistiamo. Ed è così che nasce Trashformers, una serie di sedute, tavoli, lampade e oggetti quotidiani che si animano a partire da questi scarti, assumendo sembianze quasi aliene. La struttura di base viene colorata con pigmenti e rinforzata con fibra di vetro in modo da garantirle solidità.
Borse e accessori Freitag
In conclusione, un atteggiamento attento a questa tematica del riuso è di certo ricorrente nella filosofia operativa del brand Freitag che realizza pezzi unici – borse e accessori – con teloni di camion in disuso e tessuti interamente compostabili. Uno scarto diventa di fatto il tratto distintivo e il valore aggiunto di un brand e della sua offerta.